Ma non avete paura della storia?
Da regista e attore, quando porto in scena i miei spettacoli, studio i passaggi epocali anche a livello antropologico.
Gli storici lo ripetono: la storia non è una linea retta, ma un eterno ritorno. Cambiano i costumi, ma certi segni ritornano sempre uguali.
Uno di questi segni è la femminilizzazione dell’uomo nei momenti di opulenza.
Nell’Antica Roma, dopo Augusto, l’uomo smette di essere guerriero e si fa vizioso: più intento a banchetti e piaceri che a difendere la città. Poco dopo arrivano le invasioni barbariche – uomini descritti come “selvaggi” dagli stessi opulenti che li temevano, ma forse semplicemente più autentici e radicati.
Nel Settecento, il damerino con tacchi, parrucche e cipria diventa il modello dell’élite. Ma dietro gote rosse e rossetto c’è la corruzione: la Rivoluzione arriverà a riportare la misura, e con essa la ghigliottina.
Dopo il boom economico italiano, anche qui l’uomo si è addolcito e indebolito, perso tra consumismo e apparenza, mentre cresce il divario sociale. Ci distraggono con finti scioperi e lotte lontane, mentre sotto casa esplodono i veri drammi quotidiani.
La storia ci insegna che quando l’uomo rinuncia alla sua forza interiore e diventa maschera, la società intera si indebolisce.
E dietro a quei passaggi ci furono sempre le stesse conseguenze: invasioni, rivoluzioni, milioni di morti.
E allora la domanda oggi è inevitabile:
questa femminilizzazione che vediamo intorno a noi è solo moda, o è il segnale che la storia sta per ripetersi ancora una volta?



