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Fra' GladiAttore | Dove l’Arte è Vita e il Teatro è Verità

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Oltre la Comunicazione. Meditazione d’Artista a partire da Galimberti

2025-05-02 07:26

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Oltre la Comunicazione. Meditazione d’Artista a partire da Galimberti

Una riflessione d’artista sull’infanzia, la presenza e il teatro, in risposta alle parole di Galimberti sul cellulare ai bambini.

Un artista, filosofo dell’Assoluto, risponde con il cuore in mano a una dichiarazione pubblica del filosofo Umberto Galimberti sull’uso del cellulare nei bambini, e lancia un appello a riscoprire i sensi, il corpo e la relazione autentica.


Il 29 aprile 2025, sul portale "Orizzonte Scuola", il filosofo Umberto Galimberti ha affermato:
“Ho consigliato a una madre di dare il telefono a suo figlio in quarta elementare, perché oggi la socializzazione passa attraverso questi dispositivi.”

In quella stessa intervista, ha parlato anche di come i media non restituiscano più l’esperienza diretta del mondo, ma solo una sua rappresentazione filtrata. Di come la tecnica governi ormai le relazioni. E che privare un bambino del telefono significhi, in fondo, escluderlo.

A partire da queste parole, nasce questa meditazione artistica. Una risposta non polemica, ma affettuosa e radicale. Perché chi fa arte, chi ha visto la vita da vicino, chi ha toccato l'oscurità e la luce nei volti e nei corpi degli altri, non può tacere.

Grazie Galimberti.
Grazie davvero per avermi fatto riflettere.

Ma permettimi, da artista, da uomo di teatro, da cercatore dell’Assoluto, di sorprendermi. Di restare colpito. Perché tu, che tanto hai fatto per la coscienza del nostro tempo, offri ora una lettura che mi pare riduttiva. Dire che è giusto dare uno smartphone a un bambino di nove anni perché “così si socializza” mi lascia perplesso.

E io mi fermo.
E medito.

Perché non sono solo un artista. Sono un artista dell’Assoluto, un uomo che sente la filosofia come carne viva, e la porta in scena per trasformarla in esperienza condivisa.

Per questo, Galimberti, ti direi: prova a fare una passeggiata. Sì, davvero. Non nelle biblioteche. Non nei convegni. Ma in quei reparti nuovi. Dove i bambini di undici anni parlano con tremori, con tic, con occhi che non sanno dove guardare. Dove il cervello brucia per colpa di uno schermo acceso troppo presto. Perché qualcuno, mal informato, ha detto che il multitasking è una virtù. Che è “intelligenza moderna”.

E invece no. Lo sappiamo da studi seri: il multitasking è una forma d’illusione cognitiva. È il contrario dell’attenzione. È frammentazione. È perdita di sé.

Tu parli di socializzazione. Ma in quale realtà concreta viviamo oggi? In un mondo dove le madri non si salvano più? Dove una madre non ha più strumenti, perché nessuno le ha insegnato l’equilibrio? Dove si rifà le labbra, si filtra la faccia, si perde nella paura di invecchiare e poi dice al figlio: “Stai meno al cellulare”?

Ma come può farlo, se lei stessa è ostaggio del riflesso?

Allora, ti invito a considerare: e se al posto del cellulare offrissimo il teatro? Fallo giocare in mezzo agli altri bambini. Falli sudare, toccarsi, sbagliare, ridere, cadere, rialzarsi. Fagli perdere la parte più falsa dell’ego per incontrare quella viva.

Perché vedi, la vera terapia — quella che non si chiama terapia, quella che non ha il bollino del ministero, quella che non ha codici, ma cuori — è proprio questa: stare in mezzo agli altri.

Passarsi un cacciavite in scena. Sentirsi dire “tocca a te”. Essere visti, ascoltati, sostenuti… e sì, anche messi in crisi, ma insieme.

Perché il teatro non guarisce. Rivela. E un bambino che si rivela diventa uomo, non follower. Diventa presenza, non dipendenza. Diventa stella — non per i like, ma per la luce che sprigiona da dentro.

E allora, Galimberti, ti voglio bene. Ma io, il futuro, non glielo affido a uno smartphone. Io gli do un palco. Gli do una platea. Gli do la possibilità di sentire se stesso attraverso l’altro.

Perché lì — solo lì — inizia davvero la vita.

GladiAttore
Artista dell’Assoluto. Colui che traduce la filosofia in azione.


Vengo da quel mondo dove lo Spirito entra nel corpo, e lì la parola si fa carne.


Non recito, dò vita. Non spiego, rivelo.


Con me, anche la filosofia prende corpo.


Veniamo da quel mondo dove lo Spirito entra nel corpo, e lì la parola si fa carne.


Non recitiamo: diamo vita. Non spieghiamo: riveliamo.


Con noi, anche la filosofia prende corpo.



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